Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 16 marzo 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Un ricordo di Acharya Jagdish (Jagadish) Chandra Bose il primo neuroscienziato in India. L’Istituto Nazionale di Ricerca sul Cervello di Nuova Delhi ha ricordato la figura del neuroscienziato ante litteram indiano, rimasto a lungo sconosciuto. Nato nel 1858 nel Bengala (Banglasdesh) e morto a Giridih nel 1937, fu allievo del padre gesuita Eugene Lafont, che lo introdusse alle scienze naturali, e di Francis Darwin, figlio del celebre Charles, scopritore dell’evoluzione animale. Studiò le onde elettromagnetiche, realizzando un diodo semiconduttore primitivo e, dopo numerosi studi e invenzioni, si dedicò alla fisiologia vegetale. Analizzò la capacità sensitiva delle piante, realizzando il crescograph per misurarne la crescita e le reazioni, e per primo ipotizzò l’esistenza di un sistema nervoso vegetale (The Nervous Mechanism of Plants, 1926). In ricordo del suo importante contributo alla conoscenza scientifica gli è stato intitolato un cratere lunare. [Neurol India 67 (1): 17-19, 2019].

 

Dalla vitamina B12 una nuova possibilità terapeutica per la malattia di Parkinson. Schaffner e colleghi hanno scoperto la capacità della vitamina B12 di modulare la chinasi LRRK2 (Leucine-Rich Repeat Kinase 2) con uno specifico meccanismo, aprendo la possibilità allo sviluppo di nuovi farmaci anti-Parkinson basati su tale nuova acquisizione. Mutazioni missense in LRRK2 sono all’origine della maggioranza delle forme familiari della malattia e di alcune forme sporadiche; pertanto, le nuove soluzioni terapeutiche potrebbero migliorare la vita di numerosi pazienti. [Cell Res. AOP – doi: 10.1038/s41422-019-053-8, 2019].

 

Le tecniche optogenetiche possono davvero mutare il trattamento della depressione? Circa un terzo dei pazienti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore non trae giovamento dalle terapie attualmente disponibili, pertanto la ricerca sui meccanismi patogenetici e fisiopatologici è quanto mai importante ed attuale, nella speranza di giungere ad individuare nuovi obiettivi terapeutici che consentano di curare anche i casi attualmente intrattabili. Le tecniche optogenetiche hanno permesso un’esplorazione analitica di vari processi, mediante l’espressione mirata di proteine sensibili alla luce, creando ottimismo nell’utilità dei nuovi modelli sperimentali realizzati su questa base. Una sistematica revisione degli studi realizzati con tecniche optogenetiche, da parte di Diniz, della Pontificia Università Cattolica di San Paolo in Brasile, e due suoi collaboratori, raffredda però gli entusiasmi in quanto, sebbene confermi l’efficacia del metodo optogenetico nella dissezione funzionale di circuiti e vie nervose implicate nei processi che caratterizzano la depressione, evidenzia risultati controversi, in gran parte a causa della variabilità di strumenti, modelli e test impiegati in queste ricerche. [Diniz A. L. et al. CNS Spectr. 24 (1): 184-185, 2019].

 

La guerra in Siria ha causato danni neurologici devastanti che richiedono un intervento immediato. La guerra civile in atto in Siria dal 2011 ha causato centinaia di migliaia di vittime, e i sopravvissuti hanno riportato in massima parte gravi danni al sistema nervoso. Prevalentemente basandosi su visite dirette nei territori di guerra condotte dal 2013 al 2016, i medici hanno raccolto e studiato i dati per migliorare gli interventi riabilitativi secondo criteri di base: tipo e causa del danno; lateralità; paralisi; area affetta; trattamento indicato e realmente praticato. Il 96.1% dei pazienti è di sesso maschile e il 3.91 di sesso femminile, con una età compresa tra i 2 e i 52 anni. Le ferite da arma da fuoco sono prevalenti (54%), ma i tipi di danno del sistema nervoso centrale e periferico sono numerosi e differenti, dalle lesioni del midollo spinale ai danni dei nervi periferici (presenti da soli o in associazione nel 92% dei casi!), dalle lesioni multiple al danno traumatico del cervello. La rassegna dalla quale abbiamo tratto i dati si conclude con un appello: “Lo studio e l’analisi critica della devastazione in Siria suggerisce il disperato bisogno di un aiuto di emergenza”. [Neurol Clin Pract. 9 (1): 9-15, 2019].

 

Avere per genitori una coppia lesbica ha conseguenze sulla salute mentale? Uno studio, che ha adottato il concetto varato negli Stati Uniti di emerging adulthood (EA) applicato ai giovani dai 18 ai 29 anni, ha valutato degli indici prognostici di salute mentale, quali la soddisfazione esistenziale e la presenza di problemi emozionali o comportamentali, in un campione di persone allevate da coppie di donne lesbiche con funzione genitoriale. L’esito non ha fatto registrare risultati differenti da quelli dei giovani EA della popolazione generale, fatta eccezione per coloro che hanno riferito una discriminazione dovuta all’identità sessuale della coppia genitoriale: in questo caso si è registrata una maggiore frequenza di disturbi emozionali e comportamentali. [Koh A. S., et al. J. Lesbian Stud. Feb. 21: 1-22. 2019].

 

Lo stress precoce ritarda lo sviluppo dell’ippocampo e riduce le staminali adulte nel topo. È noto che l’esposizione a stress nelle fasi precoci della vita predispone a disturbi mentali e disfunzioni nell’età adulta, ma non si conoscono i meccanismi delle alterazioni persistenti responsabili di questi esiti. Youssef e colleghi hanno individuato un possibile meccanismo neuroevolutivo mediante il quale lo stress precoce induce cambiamenti a lungo termine nell’ippocampo, che ne alterano in parte lo sviluppo e interferiscono con l’assemblaggio delle cellule del giro dentato, infine riducendo il pool di cellule staminali adulte. [Sci Rep. Mar 11; 9 (1): 4120, 2019].

 

Una rete neurale ispirata al cervello degli insetti può apprendere concetti astratti? La nostra capacità di apprendere concetti astratti, quali uniformità e differenza, è considerata un’abilità cognitiva di livello superiore, tipicamente umana e basata sull’elaborazione neocorticale top-dawn. Numerose prove sperimentali hanno dimostrato che le api sono in grado di reagire come se condividessero con la nostra specie questa abilità. Cope e colleghi della University of Sheffield e della Macquarie University hanno realizzato, in forma di rete neurale, un modello delle strutture cerebrali dell’ape che può apprendere uniformità e differenza, così come uno spettro di compiti semplici e complessi di apprendimento associativo. Il modello propone un nuovo meccanismo per l’apprendimento dei concetti astratti di uniformità e differenza, compatibile con la fisiologia del cervello dell’insetto e indipendente dall’elaborazione top-down e dal controllo esecutivo. Bisogna, però, chiedersi se la capacità delle api e della rete consista realmente nell’uso di un concetto astratto o non si basi piuttosto su un suo equivalente associativo elementare che assicura il comportamento osservato. [PloS Computer Biol 14 (9): e1006435, 2018].

 

Ancora di attualità la “La Ricerca dello Spirito nel Cervello” con nuove riflessioni. La scorsa settimana abbiamo scritto: “Il fascino degli studi che hanno individuato correlati neurofunzionali delle esperienze mistiche e religiose, così come le diverse possibilità interpretative degli elementi oggettivi acquisiti, è sempre attuale, e una nuova riflessione che ha preso le mosse dal saggio La Ricerca dello Spirito nel Cervello (v. nella sezione “IN CORSO” del sito) è stata promossa dal nostro presidente”. Questa settimana sono stati discussi i risultati ottenuti dagli studi elettrofisiologici su buddisti in meditazione e suore cristiane (carmelitane) in contemplazione.

I tracciati dimostrano che, in ogni caso, sono sempre attivate numerose aree corticali (6 nelle suore in stato mistico) e, dunque, l’idea di un singolo God Spot nel lobo temporale, sostenuta da Michael Persinger, è confutata. La meditazione buddista e la contemplazione cristiana fanno registrare quadri funzionali differenti. Tale differenza ha indotto una riflessione sulle peculiarità delle due religioni in rapporto alle attività di coscienza. Questo argomento era stato così sintetizzato nel lavoro citato:

Nel buddismo, come in altre espressioni della religiosità orientale, si suppone l’esistenza di uno stato cosmico di stabile equilibrio al quale il soggetto deve tendere ad appartenere. Per ottenere questa immaginaria fusione e percepire l’effetto benefico di un’armonia interiore, è necessario rinunciare alle istanze della volontà individuale ed indebolire la coscienza; infatti la maggior parte delle pratiche induce stati pre-ipnotici.

La coscienza per il cristiano è il luogo dell’incontro con Dio[1], la dimensione dell’essere in cui il soggetto veglia sul rischio di abbandonarsi agli istinti e sorveglia sé stesso per evitare di distrarsi dal suo allocutore[2] e cedere alle lusinghe del mondo.

I cristiani, cattolici, protestanti ed ortodossi, fondano la propria spiritualità sul libero accoglimento della legge dell’amore, che sancisce un patto individuale con la divinità, in base al quale saranno giudicati[3]. Il libero arbitrio, somma espressione della libertà di coscienza, è il presupposto imprescindibile perché si abbia, nell’esercizio della volontà messa alla prova[4], la scelta dell’imitazione di Gesù Cristo. È in questa consapevolezza che assume valore lo scioglimento dei vincoli che legano l’uomo all’istinto e la loro sostituzione con i legami di responsabilità. Ed è nella consapevolezza condivisa, che si esercita il valore di testimonianza dell’agire cristiano. Scelta, responsabilità e testimonianza, tre cardini per la nascita e la manifestazione della fede, sono funzione della coscienza individuale, così come la vigilanza, ossia la sorveglianza di sé nella costante attenzione all’esercizio della virtù.

Questa profonda differenza fra le religioni affermatesi in Oriente e in Occidente, ci aiuta a capire il ruolo differente della pratica rituale in queste due realtà.

Nel primo caso l’esercizio quotidiano ha per obiettivo diretto la genesi di stati psico-somatici assimilabili ad un rilassamento profondo[5] e considerati manifestazione nell’essere di ciò in cui si crede; nel secondo caso, le principali espressioni del culto, dalle orazioni del mattino all’esame di coscienza serale[6] richiedono attenzione consapevole.

A corollario di questa distinzione schematica[7], vogliamo citare il caso di una pratica religiosa presente fra i cristiani d’Oriente, consistente nella reiterazione di una formula -ad esempio un’invocazione- centinaia di volte. È evidente la somiglianza con le tradizioni asiatiche di lunga e monotona ripetizione di suoni o parole che generano calma e rilassamento.

Per la comprensione del rapporto fra dimensione religiosa e dimensione spirituale, è utile rilevare che, mentre nel buddismo pratica rituale ed esperienza spirituale largamente coincidono, nell’ispirazione più profonda ed originaria della vita cristiana, le pratiche rituali hanno valore solo in funzione del sostegno che possono dare allo spirito. Infine, ricordiamo che il cristianesimo non nasce come una religione, ma come la testimonianza di un fatto verificatosi presso un popolo che professava l’ebraismo: l’incarnazione di Dio nella persona di Gesù Cristo.”

A proposito delle pratiche ripetitive che generano calma e favoriscono la modificazione dello stato funzionale cerebrale, è stato ricordato il possibile meccanismo: l’attività neoencefalica legata alla produzione del linguaggio genera un’inibizione lieve, che diventa sempre più efficace con la ripetizione, del locus coeruleus e degli altri gruppi neuronici che rilanciano l’attivazione dei sistemi dello stress dell’amigdala, inizialmente attivati da stimoli evocatori esterni, come nella paura, e poi riattivati da questi neuroni noradrenergici come accade negli stati d’ansia.

 

Notule

BM&L-16 marzo 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Nella cultura occidentale è il luogo privilegiato dell’essere, nel quale la volontà del soggetto si assume la responsabilità delle scelte.

[2] Il termine, introdotto da Edouard Pichon, indica un interlocutore materialmente assente, ma al quale si rivolge pensiero e parola.

[3] La teologia del patto, nel cristianesimo, prosegue la tradizione ebraica del Vecchio Testamento che, nei dieci comandamenti, esprime i vincoli che legano la coscienza morale alla volontà di Dio.

[4] Il sacrificio di Abramo è un esempio paradigmatico della prova: chiedendogli di sacrificare il figlio unigenito Isacco, Dio saggia la fedeltà del patriarca spingendolo oltre il limite del tollerabile per l’uomo, ma costatata la sua fede, lo ferma e lo premia con benefici estesi alle generazioni successive. Questo episodio biblico esemplare, richiama alla mente una costante della cultura giudaico-cristiana: Dio chiama e l’uomo risponde; una scena che ha per teatro la coscienza e per protagonista la volontà.

[5] Come abbiamo visto in precedenza, gli studi di Davidson e colleghi presso la Wisconsin-Madison University hanno dimostrato che maggiore è l’esercizio della pratica buddista, più rilevante è la riduzione di attività cerebrale; ciò che corrisponde allo stato di “concentrazione senza sforzo” riferito dai praticanti, può riflettere l’apprendimento cerebrale ad indebolire con maggiore immediatezza ed efficacia la coscienza.

[6] Schematicamente possiamo distinguere la preghiera, con scopo di comunicazione, e la cerimonia con intento di commemorazione. Nel Padre Nostro, esempio paradigmatico della preghiera cristiana, il credente si rivolge ad un Allocutore invisibile e presente nella propria mente, legando, attraverso la propria coscienza, l’individuale all’universale. I riti cerimoniali collettivi, che includono la preghiera e prevedono numerose forme e procedure, hanno in comune la commemorazione, nel senso etimologico di rendere attuale alla coscienza.

[7] Ci rendiamo conto che si tratta di una distinzione semplicistica ed approssimativa, tuttavia la proponiamo perché ci sembra efficace nel cogliere i due aspetti salienti della differenza.